Le Parole Intraducibili di una infanzia che fu

Ho notato, che mi capita spesso di non cogliere riferimenti alla cultura popolare Occidentale, precedenti alla metà-fine degli anni 2000.
Scherzosamente (ma non troppo) dico solitamente in questi casi, che “io ho vissuto dietro la Cortina di Ferro in quegli anni!

Ma è proprio così, che è andata.

Ricordo i VHS con i cartoni della Disney in italiano, che portava mio padre nei suoi viaggi; ricordo un VHS di varie ore con registrato Tom&Jerry (che appare già in un filmato di me a 2-3 anni; chissà chi lo aveva portato in casa).
Ma soprattutto ricordo i cartoni animati russi e sovietici (e anche del Blocco Orientale!).

Ricordo di aver passato tante ore, a guardare produzioni della Союзмультфильм (Cartoni dell’Unione; Sojuz multfilm).

E’ stato interessante tornare a guardarne alcuni da adulto, con una consapevolezza diversa da quella di un bambino, ma con molti piacevoli ricordi in mente.

Il lato umano

E a proposito di ricordi, mi viene in mente il personaggio di Чебурашка (Cheburashka) e il suo amico – il coccordillo Гена (Gena, diminutivo di Genadiy).
Originariamente un personaggio di un libro per bambini, Cheburashka è un animaletto di una specie ignota, ritrovato praticamente per caso in una cassa di arance proveniente da una terra esotica.
Cheburashka è un personaggio famosissimo nella cultura russa (e dei paesi post-sovietici, immagino), tanto da aver generato il neologismo Чебурахнуться1 (Cheburahnutsia) ed essere stato la mascotte della squadra olimpica russa nel 2004 e 2006 (grazie wikipedia per la memoria storica delle date ❤️)

Cheburashka

1 Чебурахнуться indica tipicamente la caduta roccambolesca, goffa e divertente; mia madre lo usava per descrivere mio fratello minore, quando imparava a camminare

La serie di cartoni conteneva anche vari momenti canori molto toccanti e malinconici: ne ricordo uno basato sulla unicità annuale del compleanno – un giorno in cui, anche sotto la pioggia, Gena suona l’armonica ed è felice. Mentre i passanti, presi dalla fretta della propria quotidianità, si chiederanno come mai Gena è così gioioso in un giorno uggioso. Il tutto è seguito da immagini del servizio delle Poste che consegnano a Gena un pacco, dopo che è stata firmata quietanza di consegna (in russo è un modo di dire entrato nell’uso comune “Ricevete e firmate” – “Получите, распишитесь“), regalo da parte di Cheburashka. Riascoltarlo oggi mi fa riflettere su cosa ho nella mia vita che non è indispensabile o utile; penso a quanto mi è utile e piacevole – a modo suo – l’attesa di qualcosa che desidero e quanto sono felice quando – dopo tempo – lo ottengo.
Suona un po’ di Leopardi e Sabato del Villaggio solo a me?

Mi piacevano le storie di Gena e di Cheburashka: erano in generale toccanti e molto tenere, molto incentrate sui valori dell’amicizia e del piacere dello stare insieme… molto umane in generale.
Sento a volte la mancanza nella mia vita della umanità disinteressata e del piacere semplice di stare assieme. Passare del tempo assieme per passarlo, senza necessariamente concludere qualcosa, o raggiungere dei risultati.
Non so, a voi capita?

Il coccordillo Gena e i suoi compari sono personaggi famosissimi della cultura popolare sovietica; qui un treno della metro di Mosca dedicato agli 80 anni della Sojuz multfilm con Gena come mascotte

E’ stato pazzesco, dopo più di 20 anni ricordo ancora perfettamente le parole e canticchio queste canzoncine, accompagnando la musica. Mi commuove molto – in particolare – il pezzo sul passaggio del tempo.
Il pretesto è la partenza e la separazione, ma il filo conduttore è di nuovo il tempo e il suo passaggio, questa volta però in una chiave mista malinconica e di speranza.
Mi rappresenta molto questo testo, sento, che descrive bene come mi sento molto più spesso, di quanto non dico.

La canzone del Vagone Blu è piena di malinconia e speranza allo stesso tempo

Ripenso a momenti piacevoli e felici dell’Università e della mia vita nella dacha moscovita dei miei nonni, in mezzo alla campagna, a spaccare la legna (si, ho imparato da bambino a spaccare la legna; ma anche ad accendere un fuoco, a grigliare e a orientarmi nella foresta con il muschio): è la malinconia per il lento ma inseorabile passaggio del tempo, la consapevolezza che delle cose belle sono ormai alle spalle e quello che ne resta è solo la memoria nella nostra mente.
Ma allo stesso momento, l’opportunità di lasciarsi alle spalle episodi spiacevoli (“Forse abbiamo offeso qualcuno inutilmente2, il calendario coprirà questa pagina” – tra l’altro mi viene in mente che nella mia famgilia si usava chiedersi scusa – se non sbaglio, a Pasqua – per le offese involontarie fatte durante l’anno) e la prospettiva delle tante possibilità future, la speranza di una vita migliore.
E poi mi capita di pensare che questi sono gli stessi paradigmi culturali e gli stessi cartoni con cui è cresciuta la generazione di mia madre e in parte forse anche di Putin. E questo mi turba e mi fa incazzare: mi sento come se fossi stato compagno di banco di Hitler; mi sento in uno strano modo responsabile di aver condiviso una parte del percorso con lui e questo è fonte di grande tristezza e rabbia…

Ma poi ci penso meglio, rifletto più a fondo e mi rendo conto che in realtà non siamo la stessa cosa. Che in realtà è la miglior prova che nascere in un certo modo non mi ha determinato del tutto, ma che le scelte fatte nel mio percorso mi hanno portato ad essere come sono: sono il risultato di queste scelte.
E questa è una fonte di grande speranza e di grande angoscia. Le scelte che faccio sono le scelte giuste?
Indebitarsi è la scelta giusta?
Questo lavoro, o cambiarlo, è la scelta giusta?
Avere una relazione amorosa con quella persona è la scelta giusta?
Ma forse non c’è una scelta giusta, ci sono scelte, che ci fanno stare bene oggi. Forse è proprio quello – sono quelle scelte – che siamo noi.
Forse sono le scelte, che ci fanno stare bene, ad essere noi.
E domani… e domani è un altro giorno.

Per tanto tempo ho odiato e rifiutato la parte di me, che sentiva vicinanza per questo mondo culturale, ho provato a seppellirlo in passato.
Ma ora mi rende felice e lo abbraccio con gioia: perchè non è una parte di me, sono io.
Trovo che il Vagone Blu sia un testo di grande ispirazione e speranza, uno di quelli che davvero mi smuove un sacco di emozioni miste e mi fa incrociare in mente i vari momenti e luoghi della mia vita…

2 la parola Зря mi è difficilissima da tradurre in questo contesto. Ho scelto “inutilmente” (mentre il traduttore del video ha scelto “non intenzionalmente”), ma il concetto che credo esprima in questo contesto non è la semplice constatazione di non aver raggiunto degli scopi: è il rammarico.
L’inutilità rammaricata, pentita in modo empatico per la sofferenza e il dolore causati, all’epoca in modo forse volontario o forse inconsapevole, o forse con l’idea che procurare sofferenza valesse la pena per un obiettivo poi rivelatosi d valore ben più basso.
È il rammarico di aver cambiato idea e aver capito, che si è sacrificato qualcosa che contava molto più di quello che si è ottenuto.
Per altro, nel testo non si fa nessun cenno a perdoni, ma si parla semplicemente di voltare pagina. Per cui il messaggio che vedo è una “semplice” presa di coscienza (e quindi di assunzione di responsabilità e accettazione delle conseguenze, con l’idea che nulla è dovuto e tutto ciò che arriva va vissuto come un “regalo”).
…tradurre è difficle.

La parola душевно (it: “con il cuore”, dushevno)3 credo di averla incontrata per la prima volta nei libri – e successivamente cartoni – incentrati sulle avventure nel paesino di Prostokvashino (i titoli sono vari e solo a volte riportano anche questo nome).

I tre eroi principali della storia: Sharik, Matroskin, Diadja Fedor.
Da notare sul tavolo il samovar di colore dorato: un utensile tradizionale russo usato per la preparazione di acqua calda, tipicamente per il (rito del) tè.

La storia di un ragazzino preadolescente di città – Дядя Фёдор (it: Zio/Signore Fedor; Diadja Fedor), che va in campagna all’insaputa dei genitori (che infatti lo credono fuggito) e ci si stabilisce con un gatto antropomorfo – Кот Матроскин (Kot Matroskin4), conosciuto nelle scale del suo condominio di città – e un cane Шарик (Sharik5).
La storia si arricchisce poi di altri simpatici personaggi, che generano situazioni divertenti ed equivoci, oltre a modi di dire, entrati nella cultura popolare in modo stabile.

3 Душевно è un’altra parola difficilissima da tradurre. Il dizionario riporta “sinceramente, cordialmente, a cuore aperto”; ma il significato è estremamente più profondo e complesso, legato alla cultura e purtroppo si perde nella traduzione.
Anche se può sembrare (e i miei parenti facevano questa battuta spesso) imparentata con la parola душ (Doccia, dush), in realtà deriva etimologicamente da душа (anima, dushà) e in una traduzione letterale è qualcosa di simile ad “animosamente”. Ma qui c’è qualcosa per me di davvero incredibile, perchè nella nostra concezione fare qualcosa “animosamente” ha assunto più l’idea di operosità, sforzo e impeto; mentre in russo significa più (penso esclusivamente) il piacere intimo delle cose. È più più traducibile con “fare cose con il cuore”, o – come aggettivo – “che scalda il cuore” / “che fa bene/piacere all’anima”…
…tradurre è difficile.

4 Матроскин è uno dei giochi di parole che nella lingua russa ho incontrato tantissimo, fin dagli autori dell’Ottocento, e che amo tanto. E’ una specie di nome parlante, derivante da “marinaio“.
Il gatto infatti è di pelo bianco e grigio a bande: similmente alla canotta – comunemente nota come “matroska” in uso nella marina sovietica (e per quanto ne so, ancora in uso oggi).
In Russia in generale le freddure vanno (andavano?) molto di moda!

5 Sharik (it: Pallino) è uno dei nomi tipici del cane nella cultura russa: tanto è che già in Cuore di Cane di Bulgakov (1925), è il nome del cane, che subisce gli esperimenti del dottore protagonista. E di conseguenza diventa anche il patronimico del personaggio umano che comparirà poi (i.e. Sharikov; nelle edizioni italiane ho trovato “Pallinov“).

Le storie di Prostokvashino mi facevano e fanno ancora pensare tanto alla vita passata nella dacha dei nonni nella campagna moscovita.

Andavamo in dacha tutti i weekend estivi (nei periodi in cui non ero in Italia con mio padre), iniziando da maggio e finendo a settmebre.
Non vedevo l’ora di andare in campagna, amavo tantissimo quelle piccole vacanze, che ci prendevamo da venerdì sera, o più spesso da sabato mattina, fino a domenica sera.
Mia nonna passava le ore, a piantare e accudire i propri fiori nel giardino della dacha, mentre suo marito Sasha (i miei nonni divorziarono, quando mia mamma era adolescente e si risposarono entrambi) curava l’orto, gli alberi da frutta, i falò e le griglie, la banja e il pozzo.

Sasha era un omone alto e magro, di origine estone, con un incredibile senso dell’umorismo e dalla grande simpatia.
Sfortunatamente non ricordo più quale fosse il suo lavoro, ma ricordo benissimo le pause sigaretta e tè che faceva con mia nonna in veranda ogni paio di ore. …il tè piaceva molto nella mia famiglia apparentemente.
Sasha – oltre a non farsi problemi a criticare il Potere passato e presente – amava le barzellette, le battute e le freddure politicamente scorrette o macabre: barzellette sui nazisti, filastrocche inventate sul momento sul маленький мальчик (it: piccolo ragazzo/bambino; malinkiy malchik), che stermina fattorie con un mitra ritrovato dalla seconda guerra mondiale… Gli valevano ogni volta le occhiatacce e le sgridate di mia nonna; ma noi ci divertivamo anche così, era un momento di complicità e divertimento per me.
È con Sasha ho imparato a spaccare la legna per la печка (it: stufa/camino; pechka) della casa. Le temperatura la notte scendevano molto in basso anche nei mesi estivi e spesso era necessario scaldare casa per alcune ore la sera, prima di andare a letto. Abbiamo insieme grigliato e acceso tanti falò, per bruciare le piante secche e il vischio all’apertura della stagione.

La Pechka russa tradizionale
Quella che avevamo in dacha non era esattamente di questo stile, ma somiglia abbastanza come struttura

Purtroppo Sasha non c’è più.
Il tumore ai polmoni lo ha stroncato alcuni anni fa. Non sono potuto andare al funerale: temevo di finire a fare la leva, se fossi entrato nel paese*. E di non esserci stato mi dispiace tanto. Ne sento la mancanza…

* Sfortunatamente per varie motivazioni burocratiche avrei dovuto segnalare la mia presenza nel paese e mettermi piuttosto in mostra

La propaganda

E su queste note malinconiche, citiamo ora i Tom&Jerry in salsa sovietica!

I protagonisti sono il Lupo e la Lepre

E’ molto divertente per me pensare che sono cresciuto guardando contemporaneamente Tom&Jerry (che ancora oggi è uno dei miei cartoni preferiti in assoluto) e Ну, Погоди! (Ti prenderò!” / “Guardati le spalle!” / “Te la farò pagare!“; it: Nu, pogodi!6)
All’epoca non ci pensavo, ma è molto divertente come i due cartoni si somiglino e si differenzino.

6 Pogodi di per sè ha il significato imperativo di aspettare/attendere “Aspetta(mi)!”

I protagonisti sovietici sono il Lupo e la Lepre; caratterizzati in modo davvero forte!
La Lepre è un po’ un giovane cittadino sovietico modello: fa sport, viene dipinto come solidale, mentre aiuta il prossimo, collabora a varie iniziative della comunità, si diverte nei parchi giochi guardandosi negli specchi, non fuma e non beve.
Il Lupo è un po’ un debosciato: fuma, beve, fa dispetti e rovina/distrugge luoghi pubblici, è estremamente autoreferenziale e un piuttosto egoista. Mi trasmette molto l’idea di un frustrato dalla vita, invidioso della felicità altrui e che cerca di sabotare questa felicità quasi per divertimento o forse per necessità.

In questo episodio il Lupo e la Lepre sono nella campagna sovietica

E mentre Tom mi trasmette l’idea di un personaggio pasticcione – un po’ costretto in un sistema forse – , ma simpatico (e che comunque vuole bene a Jerry: mi viene in mente l’episodio di Natale in cui si pente di aver lasciato il topino a congelare fuori casa al freddo e lo riporta vicino al camino, facendogli anche un regalo di Natale); non ricordo episodi in cui il Lupo sia genuinamente gentile, lo ricordo come un personaggio estremamente negativo quasi a tutto tondo, il cui scopo principale è mettere in moto una trama, che porti la Lepre a trionfare inequivocabilmente.

Mi piaceva anche Nu Pogodi, trovavo divertenti le peripezie del Lupo; ma riguardandolo oggi mi piace molto meno: non riesco a empatizzare con nessuno dei due personaggi, li trovo estremamente caricaturali e antipatici.
Se Gena e Cheburashka erano incentrati sui valori umani dell’amicizia; nelle storie del Lupo vedo poco più della propaganda politica di un modello di società, il propinare il perfetto cittadino sovietico che vince sempre sul debosciato, ma senza particolare merito. Non ricordo scene in cui la Lepre combatta attivamente, si ingegni per evitare trappole o ne crei in prima persona (Jerry lo faceva di continuo, se ricordate).
La Lepre infatti appare semplicemente come un perfettino, il suo unico merito sembra quasi essere un perfetto modello e confidare che tutto andrà bene e in certi momenti mi fa pensare ad una espressione estremamente ideomatica: авось обойдется7 (avos’ oboydetsa)

7 Il senso di questa espressione intraducibile è simile ad una frase, che ho sentito più di una volta in Italia: “Io speriamo che me la cavo“;
letteralmente significa più o meno “speriamo/magari non mi tangerà” e la parte centrale è il termine avos. Non so tradurlo, se non con lasciandolo come “magari”, ma assume il suo pieno significato, quando combinato con altre parti del discorso e implica una grande fiducia rassegnata e forse fideistica nell’Universo, che provvederà a tenere indenni da qualsiasi cosa stia succedendo, o a far succedere qualcosa che si spera.

L’Anti-propaganda

Ma si dice ancora “vieni dalla Luna?” per persone che si atteggiano in modo socialmente strambo e sembrano non sapere qualcosa di ovvio?

Beh, il cartone Незнайка на Луне8 (Neznaika sulla Luna; it: Neznaika na Lune – qui ne ho trovato una versione integrale con sottotitoli inglesi), anche questo basato su un libro degli anni ’60, porta alcuni membri combina-guai di una piccola comunità (di chiaro stampo comunista idealizzato) sulla Luna in esplorazione.

8 Il nome stesso del protagonista deriva dalla locuzione Не знаю (it: Non so; Ne znaiu). Si tratta infatti di un personaggio, che sa molto poco e spesso si atteggia, forse per darsi un tono. Neznaika nonostante questo viene dipinto come gentile e di buona volontà, anche se pasticcione e molto orgoglioso. A me sembra un personaggio estremamente complesso, per una storia da bambini! Per estensione, nella cultura popolare, si usa per indicare e sfottere chi risponde spesso “non lo so” alle domande (in particolare quelle a cui dovrebbe conoscere la risposta).

Queste persone, abituate ad una realtà quasi familiare, in cui tutti sono amici nel paesino e si chiamano per nome, collaborano ai progetti sotto la saggia guida di Знайка9 (Znaika) – lo scenziato erudito – , si trovano improvvisamente in un ambiente nel quale esiste la proprietà privata e in cui bisogna pagare, prima di lasciare il ristorante (!)
Il cartone mette in grande risalto tutti i tratti più negativi possibili di una società capitalista e sfrenatamente liberale, in modo spesso estremamente caricaturale: la brutalità di una polizia senza senso critico, asservita ad un potere politico oligarchico-plutocratico; la corruzione e il nepotismo; l’inquinamento ambientale; le sfrenate diseguaglianze sociali; la sudditanza della stampa nei confronti del potere e dei propri padroni; il consumismo fine a se stesso fino alla perdita della propria anima; l’impunità dei truffatori scaltri e l’abuso della genuinità e credulità popolare; la repressione del dissenso.

9 Il nome deriva questa volta da Знаю (it: so; znaiu)

L’ombra proiettata dal vecchio redattore di Zvedochka – che ha scodinzolato davanti al padrone, fino a quando non era più utile – è quella di un roditore e l’intero sistema produttivo in cui “ci si diverte senza pensieri” è pensato per rendere le persone pecore e arieti

Beh, dove potrà mai trovarsi una società così assurda e che riduce l’individuo ad uno strumento deumanizzato? E’ chiaramente una società lunare!

Il cartone era poi pieno di pezzi musicali classici, con testi adattati e scritti apposta: parlo veramente di enormi classici come Nellantro del re della montagna di Grieg, un estratto della Danse Macabre di Camille Saint-Saëns, credo di aver riconosciuto anche Il Barbiere di Siviglia. …e sono solo quelli che riesco a ricordare e riconoscere oggi da adulto.

La forte, fortissima, feroce critica sociale – che per altro trovo estremamente attuale – , le musiche incredibilmente suggestive e la storia molto toccante di Neznaika – il quale non si rende conto dei sentimenti della luniana Zvezdochka10 per lui – e del suo amico Ponchik, che – grazie alla passione per il cibo – diventa ricco e fa fortuna come commerciale monopolista di sale (si, apparentemente non conoscevano il sale sulla Luna, pur avendone immensi giacimenti), lo hanno reso un cartone che ho sempre amato… anche se devo dirlo: è estremamente lungo.

10 Da notare che si tratta di un nome parlante: Stellina.
Capito? Stellina abita sulla Luna!
…dai, ma come avrei dovuto fare a venire su, senza amare le freddure??

Ancora oggi mi rendo conto che amo le opere di satira e di critica sociale: sono in assoluto le mie preferite. Più di una volta, discutendo con amici fuori dal cinema, mi sono trovato a difendere film effettivamente orribili da un punto di vista tecnico e/o di trama, proprio perché “si, è realizzato proprio male, ma l’idea mi piace: c’è un messaggio di critica sociale” (l’ho spesso detto proprio con queste parole)

La storia – anche se mirata ad un pubblico di bambini – affronta tematiche estremamente complesse tra cui lo strapotere dei ricchi e l’uso partigiano della forza pubblica nella
società lunare. Da notare la attivista Zvezdochka che definisce il Presidente lunare un Re

La parte di Zvezdochka sul gigantesco cartellone tradotta più letteralmente recita “Ci prendono per il naso ovunque, ma non spenderemo i nostri soldi tanto male2, da comprarci i dolcetti, che sfornano le fabbriche di questo Re“.

Realizzo solo oggi, rivedendo queste scene quanto mi piace il personaggio di Zvezdochka: una donna convinta dei propri ideali ambientalisti, licenziata dal giornale, sulle colonne del quale ha osato criticare l’editore e sul quale si è rifiutata di scrivere le falsità volute dal suo redattore; una donna che protesta e si impegna per una causa in cui crede, che vive, si innamora di uno strambo straniero e che soffre, che non si lascia piegare dalla cupidigia lunare, accettando la propria tristezza e perdendosi a volte anche d’animo in certi momenti.

Un personaggio idealizzato? Forse si, ma durante la storia mi appare anche estremamente umano. In ogni caso: solidarizzo molto.

Zvezdochka e Neznaika in una discarica, dopo essere sfuggiti alle ricerche
della polizia per aver protestato contro il Presidente-Oligarca

La senzazione che mi trasmette la storia è una forte тоска11 (taskà). Percepisco, non tanto uno strano rimpianto delle cose belle passate, quanto quasi una veggente previsione delle difficoltà e dei pericoli futuri. Accompagnata però da una rassegnata consapevolezza: nulla può essere cambiato, non importa quanto forte suonerà la campana. Quasi come se la storia facesse e dovesse fare il suo corso, senza che ci sia scoraggiamento da parte di chi narra, senza che si percepisca il proprio lavoro come completamente futile… anzi.

11 Il significato più vicino che mi viene in mente è il sentirsi blue o malinconici. E’ una sensazione di profonda tristezza spirituale che sfocia in una sofferenza dell’anima, leggermente inquieta; un senso di nostalgia non per forza chiaramente definito nelle sue cause e origini

Trovo interessante notare che negli intenti dell’autore, l’unico personaggio lunare che tratta i protagonisti con sincera gentilezza e senza interesse è il senza tetto Козлик (it: Capretto; Kozlik). Questo accoglie i nostri eroi nella sua comunità di senza tetto sotto un ponte, in una notte buia e tempestosa di forte pioggia e li fa asciugare accanto al fuoco. Mi sembra quasi che il messaggio sia vagamente francescano: solo la povertà ti rende una persona davvero piacevole, semplice e disinteressata, in grado di vedere chiaramente le proprie priorità, senza che la mente sia offuscata dall’ansia portata dalla ricchezza…

Ma forse il messaggio è più elaborato? E se fosse: di trattare il denaro come se non ne avessi? Non rinunciare alla ricchezza quindi, ma segregarsene mentalmente e vivere la propria vita come se non ci fosse? Potrebbe portare a una vita più serena e migliore? Senza ansie per risultati e trimestrali?

Forse l’essenziale è davvero invisibile… Sto molto pensando e rivalutando cosa è essenziale, cosa importante e cosa un di più nella mia vita, ultimamente.

Sento di aver molto ritrovato me stesso, riguardando questi cartoni.

E voglio chiudere con una nota tenera e leggera 😉

Questo è Krot (Talpa) 🙂
Di lui non so molto, solo che è un cartone Cecoslovacco muto (o almeno, lo ricordo senza dialoghi) e che ne ho visti vari episodi. E chiaramente il suo nome in lingua originale sarà diverso, ma io lo conoscevo come Krot e da bambino pensavo fosse tedesco 🙂

Era molto carino e mi piaceva quanto riuscisse ad esprimere le emozioni senza dialogo: Krot appariva triste con la lacrimuccia ed era davvero tenero; sbracciava e scalpitava di impazienza quando era felice 🙂
Pazzesco quanto comunicare sia facile e difficile allo stesso tempo, no?
O forse, a volte, ci impegnamo – anche inconsciamente – per renderlo difficile?

2 risposte a “Le Parole Intraducibili di una infanzia che fu”

  1. […] in qualche modo.In aggiunta, è usata la parola Зря, della cui complessa traduzione cui abbiamo già parlato e che ho di nuovo tradotto […]

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  2. […] Il personaggio è caratterizzato per essere un po’ uno spaccone ed estremamente arrogante, anche se molto ingenuo e di buon cuore. Visto che in vari passaggi risponde ripetutamente di “non sapere” a delle domande che gli vengono fatte, la parola Neznaika (Незнайка) è entrata nel linguaggio comune e descrive per antonomasia una persona che non sa nulla, che non riesce mai a darti le risposte che ti aspetti ti dia. Vi consiglio anche di guardare il cartone animato: è pieno di musiche classiche come colonne sonore e di critica sociale al potere costituito, io lo amo tanto e ne ho parlato sul mio blog! […]

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